DIC 22
Da Domenica 22 Dicembre 2024 a Lunedì 06 Gennaio 2025

Presepe Vivente di Cammarata

Cammarata, AG , Cammarata, Agrigento
Data dell'eventoDal 22/12/2022 al 06/01/2023
IngressoLibero
PrezzoGratuito
Sito Webhttp://www.presepeviventecammarata.it/

Descrizione

Il Presepe Vivente viene allestito nel Quartiere di San Vito nel cuore di Cammarata, in provincia di Agrigento, caratterizzato per i suoi vicoli antichi e per le sue case arroccate.

 

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Programma Evento

Il Presepe Vivente di Cammarata Attori e spettatori di un antico teatro.

Il presepe ha inizio sotto l’antico arco arabo di via Coffari, « u patu », che introduce il visitatore in uno spazio e un tempo «altro». Incontriamo «u firraru» che riscalda il ferro per poi batterlo e modellarlo a suo piacimento, «u scarparu» mentre acconcia le scarpe rotte; «li raccamatrici», che ricamano vari tessuti in una stanza riscaldata dalla brascera; «a furnara» intenta a cuocere il pane nel forno a legna; «u picuraru» che prepara la ricotta.

Dentro una stalla è allestito « u Museo»: il figurante, nei panni del contadino, ci enumera i piccoli e grandi utensili e gli attrezzi da lavoro del mondo contadino. «u Fasularu», che dal suo pentolone dispensa ai passanti un buon mestolo di fagioli cotti. «u Picuraru», vestito di tutto punto con la vraca, fatta di lana di pecora. Di seguito ci si addentra in una scena senza tempo, « A Capanna», luogo ierofantico per antonomasia, culla dello spazio sacro, dove San Giuseppe, Maria e il Bambino Gesù sono interpretati da persone in carne e ossa:fanno da sfondo un bue e un asino in una cornice di paglia e vimini.

Proseguendo ci si ferma davanti «u Furnaru», dove brave panettiere impastano, infornano e condiscono con olio nuovo ottimo pane caldo, la cui fragranza ristora i visitatori. Verso la Rocca, si visita la bottega «u Scarparu » chinato al tavolo da lavoro, per riparare e acconciare suole e vecchie scarpe; di seguito «u Siggiaru» che ripara e costruisce sedie e si intreccia anche le fibre vegetali per realizzare i panara. « U Varvìari», un salone essenziale dei primi anni del Novecento; «u Falignami», curvo sul suo piano da lavoro in mezzo a seghe e pialle; « u Firraru», impegnato con i suoi strumenti: forgia, mantice, incudine, chiodi, chiavi, aratri ecc.. L’odore delle mandorle e dei fichi avvolge la bottega di «u Pizzarrunaru» che ha appena sfornato i suoi dolci natalizi. 

Fuori dal baglio incontriamo due ciaramiddari che con musiche e canti natalizi allietano l’atmosfera del presepe. Di seguito, le grida di alcuni uomini apparentemente brilli ci attraggono dentro «a Taverna». Qui alcuni, vestiti a dovere con abiti scuri, coppola in testa e scapuccina, giocano a carte,altri bevono, altri suonano u marranzanu cantando vecchi stornelli. Il vociare confuso e allegro di alcune donne annuncia che si è nelle vicinanze di una «Putia»: nella piccola bottega due donne, con la brascera a terra, vendono i prodotti della terra: pomodori, verdura, frutta insieme ad altri alimenti essenziali come lo zucchero, il sale e i legumi; i prodotti del mercato povero di allora: farina, pasta, zucchero, caffè, lenticchie, stoccafisso, formaggi appesi al filo, i fichidindia, l’alloro, la cannella, i fiori di camomilla, le mele cotogne, lo astratto e le sorbe.

Più in là, un buon odore di ceci cotti ci spinge nella capanna «du Ciciraru». Si entra poi nello splendido laboratorio di « u Sculturi»: qui è possibile ammirare capolavori di pietra in miniatura. In un altro spazio, «u Spremiracina» stuzzica i passanti con l’odore forte e pungente del buon vino cotto. 

A pochi metri «u Stazzunaru» che trae dalla creta informe e dall’argilla utensili indispensabili alla vita domestica: lanceddi, bummuli, piatta, pignati ecc. Due donne all’interno di un piccolo mulino ricostruito «annettano u frummìantu», mentre un uomo alla macina di pietra è addetto alla farina. Nella porta accanto si sta preparando la pasta: alcune donne attorno all’arbitriu lavorano i vari tipi di pasta sistemata su canne ad asciugare.

In una stanzetta si trova un piccolo laboratorio, «li Raccamatrici», tre donne sono curve su bianchi lini e lavorano coperte, lenzuola e altra biancheria armonizzando colori, disegni e vari punti antichi. Proseguendo una donna tesse i tenni al grande telaio di legno, e altre anziane signore, sedute attorno a brascera, lavorano la calza, l’uncinetto e la maglia. Nell’allestimento di questa piccola bottega non è stata dimenticata neppure la dimensione privata dei proprietari; infatti, dietro l’esposizione è stata ricreata l’abitazione per ricordare come la vita domestica si svolgeva in spazi così ristretti,«a Famigghia». Gli arredi sono quelli di una famiglia povera: in una sola stanza, vivono tutti i componenti, la madre dondola la naca del piccolo mentre lavora a maglia.

Nelle vicinanze una voce maschile cantilena la presenza « du Cinnirazzaru», un uomo con scialle e coppola che gira con l’asino vendendo la carbonella. Alla fine del percorso si dispiega «l’Aia»: qui un anziano contadino dirige la trebbiatura, a pisata, tenendo per le redini l’animale che frantuma i covoni sparsi. Il percorso si conclude con la visita nella bella chiesetta della Madonna del Barone: dedicata alla Madonna delle Grazie.

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